Per invocare un demone dell’aldilà, Bainchooch, si incide il suo nome a lettere cubitali su una placchetta di legno, riempiendone tutta la superficie. Si incide invece una scritta piccolissima nella suola di un sandalo per augurare la salute (anche dell’anima?) alla donna che lo calzerà.
Può bastare un monogramma per
lasciare l’impronta di un nome su una lucerna, un gettone o un tappo d’anfora
in gesso; e sembra
incredibile che nulla sia andato distrutto di un nome stampigliato per intero
su un tappo di fango, ancora inserito nel collo dell’anfora, che invece si è
spezzata.
Ci sono scritture tracciate sulla terracotta con l’abilità di
chi è avvezzo a scrivere documenti su papiro e ci sono
indecifrabili scarabocchi rimasti in un coccio “riciclato”. E non mancano le creazioni artistiche, come il
fine lavoro di incisione sul cucchiaio di ferro per scrivere un invito alla voluttà,
o come la discreta e non troppo invadente scritta a pennello inserita in un
dipinto che ritraeva un santo.
Emerge a sbalzo dalle placchette votive di bronzo una personalità religiosa
importante per i copti, il profeta Daniele, con i leoni rampanti ai piedi e con il nome scritto a chiare
lettere; ma anche un semplice schizzo di figura umana tracciato su un coccio di
recupero può costituire un importante messaggio per chi pratica la magia.
Infine, a testimonianza di una
popolazione antinoita multietnica, due oggetti iscritti, ma non in greco: un
frammentino di vetro con stampigliata una scritta in arabo, che determina il
peso esatto di una moneta; e
un frammento di oggetto in terracotta,
con incisi su cinque facce i principali simboli ebraici e una sola ma
significativa parola, שלום (shalom = pace).
2 commenti:
Ne vidi gli inizi
un grand bel lavoro davvero Giovanna
Grazie per il tuo apprezzamento!
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